DI NICOLA UCCI
In riva all’Adige, nel cuore della Vallagarina, Isera è una cittadina rimasta fuori dai circuiti turistici trentini “maggiori” e permette, così, di conoscere il Trentino autentico, quello dei contadini, dei vignaioli e dell’eccellenza gastronomica.
Isera è un posto di passaggio, attraversato tutto l’anno da migliaia di turisti che percorrono l’autostrada verso le famose località sciistiche trentine.
O che visitano il Museo di Arte Contemporanea, il Mart di Rovereto, sulla sponda opposta dell’Adige, progettato dal celebre architetto Mario Botta. Così Isera ha potuto mantenere la propria identità e le proprie radici puntando negli ultimi anni alla valorizzazione dei prodotti locali. Soprattutto sul Marzemino, vitigno di origine caucasica giunto in Vallagarina passando dalla Grecia, dall’Armenia e da Venezia, che su questi pendii basaltici ha trovato il terroir ideale per dare un vino che negli ultimi anni sta dando grandi soddisfazioni. Si tratta del Marzemino “gentile”, diverso da quello “grosso” diffuso in Veneto, in Friuli e nel Bresciano.
Un vino dalla storia affascinante: citato da Mozart nel suo Don Giovanni, e perciò chiamato “Vino di Mozart“, ha una storia lunghissima che lo ha visto, per secoli, destinato alle tavole nobili. Infatti l’uva Marzemina giunse probabilmente in Italia da una città chiamata Merzifon sul Mar Nero, portata da popolazioni che avevano combattuto a Troia. Nella parte meridionale dell’attuale provincia di Trento, la Valle dell’Adige chiamata Vallagarina, ha trovato terreni particolarmente adatti, differenziandosi in Marzemino Gentile. Il suo pregio sta nella dolcezza, che consente di ricavarne vini morbidi, privi di punte allappanti, carattere molto apprezzato in Europa ieri come oggi.
Il Marzemino di Isera è valorizzato da un premio istituito 10 anni fa, “La vigna eccellente”, che premia ogni anno il miglior vigneto di Marzemino: non il prodotto finale, dunque, ma l’impegno e la cura del singolo viticoltore.
Ma a Isera non si produce solo Marzemino: è anche zona di Trento Doc Metodo Classico, altro cavallo di battaglia dell’enologia trentina.
E Isera è anche terra di alta gastronomia, grazie all’intelligenza di ristoratori che sanno lavorare in sinergia anziché farsi concorrenza, utilizzando materie prime di assoluta eccellenza che qui è facile trovare. Una “politica della sinergia” che fa dialogare e conoscere i diversi attori della filiera, dai contadini agli allevatori, dai casari ai ristoratori.
Sicuramente protagonisti della tavola sono i salumi tipici, come la Mortandela della Val di Non, oggi presidio Slow Food, una sorta di polpetta di carne molto speziata, insaccata nella rete di maiale e affumicata a legna; la Ciuiga del Bleggio, una salsiccia preparata aggiungendo all’impasto delle rape, emblema della cucina “povera” di un tempo. E ancora la Luganega trentina, la carne salada, lo speck… Fino al pesce di fiume e di lago, come la trota e il salmerino, sia freschi che conservati, ai formaggi di malga, alle carni da allevamenti a filiera completa, alla farina da polenta di Storo. Per produrla, prima di essere macinate a pietra, le pannocchie vengono lasciate essiccare appese fuori dalle case, rendendo il paese un colorato e pittoresco angolo di paradiso.
Nella gastronomia trentina largo posto hanno le zuppe, preparate con i cereali locali e le altre delizie stagionali, come i prelibati funghi che si abbinano perfettamente con un bicchiere di Muller Thurgau, altro vitigno caratteristico di questa zona.
Una delle zuppe più tradizionali della Vallagarina è il Brò Brusà (brodo bruciato), preparata solo con farina bianca tostata, olio e acqua.
L’ampia scelta di agriturismi e masi sparsi nei paesini della Valle, consente di scegliere tra una cucina di tradizione e una più innovativa, con abbinamenti inediti, ma sempre mantenendo come base le ottime materie prime locali.
Il trentino è anche famoso per le grappe, e per gli appassionati è d’obbligo fare un salto a Nogaredo, dove dal 1949 la famiglia Marzadro distilla uve trentine e produce grappe famose in tutto il mondo, dalle tradizionali bianche, alle monovitigno, alle barricate, come la preziosa Diciotto Lune, distillato di mosto di vinacce a prevalenza rossa che affina in botti di 4 essenze diverse (rovere, ciliegio, acacia e frassino) per almeno 18 mesi.